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FelciDistribuzione e caratteristichePer saperne di più
FelciMetodi di lottaPer saperne di più

Analisi della situazione

Fattori da considerare

I principali fattori che determinano la presenza frequente e/o l’abbondante diffusione e moltiplicazione delle felci nei pascoli sono:

  • la loro gestione, combinando
  • epoca e intensità di sfruttamento,
  • le condizioni pedoclimatiche locali,
  • la loro pianificazione pratica,
  • l’assenza o l’inadeguatezza delle misure di lotta.

Influenza della gestione

Il sottosfruttamento e/o lo sfruttamento tardivo dei pascoli sono le principali cause della diffusione indesiderata e, talvolta, incontrollata, delle felci. In particolare, la felce aquilina riesce a propagarsi velocemente e abbondantemente nei pascoli abbandonati o poco sfruttati, dove può addirittura soppiantare le piante foraggere. Sulle parcelle con un’adeguata pressione di pascolo o falciate periodicamente, invece, le felci sono poco presenti.

I principali fattori gestionali sono tre:

  • Calpestio. Gli spostamenti del bestiame al pascolo sono un fattore di contenimento determinante, dal momento che le felci sono sensibili al calpestio.
  • Epoca di pascolo. Felce aquilina e maschio raggiungono il massimo sviluppo delle foglie tra maggio e luglio, a seconda dell’altitudine. Se si pascola precocemente, l’indebolimento dovuto al calpestio degli animali e al consumo meno selettivo delle piante giovani (soprattutto in presenza di bovini) è maggiore rispetto a quello che si otterrebbe quando le felci sono più sviluppate e gli animali sono più selettivi.
  • Pressione di pascolo. Una pressione sulla cotica erbosa sufficientemente elevata e regolare aumenta i danni da calpestio sulle felci ed è, quindi, determinante per indebolirle.

Il pascolo tardivo e/o una pressione di pascolo troppo debole assicurano alle felci un vantaggio competitivo rispetto alle piante foraggere, a detrimento della propagazione di queste ultime.

Influenza delle condizioni pedoclimatiche locali

Al di sotto del limite superiore del bosco, è più probabile che le felci crescano nelle zone degli alpeggi piuttosto ombreggiate, orientate verso nord e caratterizzate da suoli piuttosto poveri in elementi nutritivi.

Influenza della pianificazione pratica

Il dimensionamento dei parchi, influenza la durata e, quindi, anche la regolarità e la pressione con cui il bestiame interagisce con la cotica erbosa, mentre il loro orientamento condiziona gli spostamenti degli animali. Già scritto di pressione e calpestio, qui vale la pena spendere due parole sull’orientamento dei parchi. Nel caso si alpeggino bovini e con pascoli piuttosto inclinati, i parchi vanno orientati lungo la linea di massima pendenza, per indurre gli animali a spostarsi su tutta la superficie, evitando di scavare e seguire i tipici camminamenti orizzontali conosciuti come «sentieri» creati dalle vacche al pascolo. Il tutto con evidenti benefici nel contrastare le felci. Anche variare annualmente l’ordine di pascolo aiuta a limitare le felci, perché aumenta l’efficacia generale del calpestio, evitando che alcuni pascoli siano sempre pascolati a stagione avanzata.

Influenza dei metodi di lotta

La combinazione tra gestione ideale del pascolo e metodi di lotta adeguati consente di gestire le felci in modo sostenibile, così come di ripristinare superfici eccessivamente infestate (Metodi di lotta). Se questi due strumenti non si utilizzano correttamente, intervenendo in modo discontinuo, al momento sbagliato o con utensili non adatti, le felci riusciranno comunque a propagarsi.

Quando ha senso intervenire?

Quando esiste il rischio d’intossicazione degli animali e/o se la qualità e la resa del foraggio prativo diminuiscono progressivamente.

Una volta riconosciuta la necessità d’intervento, è possibile ridurre i problemi causati dalle felci, combinando, in modo duraturo, misure gestionali e metodi di lotta appropriati (Metodi di lotta). Secondo quanto riportato dalla scheda tecnica di Agridea «Invasione arbustiva e piante problematiche nelle regioni di estivazione» le felci non devono superare il 10-20% della superficie dei pascoli alpestri, in funzione delle potenzialità produttive locali.

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